Nella vita di tutti i giorni ci rendiamo conto che il nostro rapporto con il cibo ha spesso a che fare con qualcosa di diverso della pura fame fisiologica. Quante volte ci siamo ritrovati a mangiare, anche se non avvertivamo la fame, per puro piacere conviviale? E quante volte abbiamo cercato in modo quasi compulsivo un alimento specifico perché ne avevamo una voglia irresistibile?
Questo ci fa capire come il puro bisogno fisiologico di alimentarci si intersechi spesso con una dimensione più emotiva. Quando trattiamo il tema dell’alimentazione è quindi importante parlare anche di emozioni, per riuscire a riconoscerle e a capire da cosa scaturiscono, aumentando la consapevolezza di ciò che stiamo provando.
Ogni emozione è costituita da una componente cognitiva, di pensiero, e una componente fisiologica, ovvero una sensazione fisica ad essa associata, che ci aiuta a leggere l’emozione stessa. Ecco qualche esempio. Ansia: percezione di una sensazione specifica nel corpo, ad esempio il respiro che si accorcia molto, indice di una situazione di minaccia. Rabbia: sentimento di cui talvolta non siamo consapevoli poiché agiamo prima di realizzarlo, spinti ad esempio da una percezione di ingiustizia.
In che modo le EMOZIONI possono avere effetto diretto sul nostro modo di alimentarci?
Quando siamo ansiosi e molto preoccupati spesso diciamo “ho un buco allo stomaco” oppure “mi si è chiuso lo stomaco, non ho più fame”. Questi sono semplici esempi di come le emozioni possono avere un’influenza diretta sulla nostra alimentazione. Imparare a sviluppare consapevolezza emotiva ha lo scopo di andare incontro ai nostri bisogni. Siamo probabilmente poco allenati a farlo, ma è importante lavorarci.
Esistono anche altri meccanismi, collegati al cibo, che possono attivarsi a livello cerebrale. Spiegandolo in maniera molto semplice, nel cervello strutturalmente ci sono circuiti chiamati “circuiti del piacere” che producono sostanze che ci fanno provare piacere a livello neurochimico: le “famose” endorfine. Su questi circuiti il cibo può avere un’azione diretta: se ci sentiamo tristi cerchiamo tendenzialmente alimenti dolci, proprio perché tali alimenti stimolano la produzione di endorfine, aiutandoci a ripristinare lo stato di benessere. Di certo quando siamo tristi non pensiamo all’insalata: ci vengono in mente cibi più appetitosi che influenzano la produzione di endorfine e, oltre a questo, inibiscono la sazietà. Di conseguenza tenderemo ad ingerirne grandi quantità in poco tempo.
Questo meccanismo è però molto simile al meccanismo delle dipendenze: quando ci sentiamo male cerchiamo una sostanza che ci faccia sentire meglio, andando in questo modo ad instaurare un meccanismo impulsivo e quasi automatico di gratificazione immediata, senza attendere la risoluzione del problema.
È importante sapere che tutte le emozioni seguono una curva, la cosiddetta “curva delle emozioni” che si attiva ed esaurisce naturalmente in 90 minuti e questo vale sia per le emozioni positive che negative.
Andando ad agire con una sostanza (cibo) su questa curva per ristabilire uno stato di benessere, la volta successiva percepiremo emozioni più intense in breve tempo, instaurando un circolo vizioso le cui controindicazioni sono la dipendenza da determinati alimenti e un agire impulsivo alimentato da emozioni intense.
Ci sono invece persone che riescono a controllare, in caso di bisogno, il proprio apporto alimentare. Riuscire a controllare l’impulso a mangiare può diventare fonte di gratificazione? Talvolta sì: riuscire a controllarsi può avere degli effetti sull’autostima. Per di più, come rinforzo positivo, c’è anche una componente sociale: quando riusciamo a rimetterci in forma, riducendo il nostro apporto calorico, le persone che lo noteranno tenderanno a farci dei complimenti e questo contribuirà a perpetuare l’effetto di questo meccanismo.
Serve però fare attenzione. Per quale motivo le persone, dopo diete drastiche, recuperano peso velocemente e a volte anche “con gli interessi”? Analizziamo la cosa a livello psicologico. Se per molto tempo ci priviamo di un determinato alimento, che prima mangiavamo regolarmente, aumenteremo il desiderio estremo di assumerlo. Quindi, a livello emotivo, mettersi nella condizione di privazione ci porterà prima o poi a perdere il controllo. Questa sensazione possiamo osservarla anche nell’arco di una giornata. Quando la sera prima abbiamo esagerato, mangiando troppo, il giorno dopo tenderemo a ridurre l’apporto calorico sia a colazione che a pranzo. La sera, molto probabilmente, riusciremo difficilmente a mantenere la linea restrittiva e tenderemo ad esagerare di nuovo, proprio come se sganciassimo “una bomba”.
La strategia migliore resta sempre quella di mantenere un’alimentazione equilibrata. Privarsi per lungo tempo di un alimento può anche creare pensieri ossessivi, fino a perdere controllo: abbuffata vs ipercontrollo. Per scardinare questi circoli viziosi è innanzitutto importante individuarli: ci sono delle tecniche di stampo cognitivo-comportamentale che vanno a circoscrivere le situazioni e da queste indagano poi i pensieri e le emozioni che fungono da driver dei nostri comportamenti agiti. Il tutto andrebbe accompagnato da una psicoeducazione emotiva (Come sento le emozioni nel corpo? Quando le sento?) e da un’osservazione consapevole.